Milano 20 Febbraio 2006
Documento presentato e sottoscritto dalle Istituzioni musicali che hanno aderito all’iniziativa
Desideriamo innanzitutto ringraziare i presenti per avere aderito al nostro invito.
Questa giornata di lavori vuole avviare una riflessione sul settore musicale del Titolo III della legge n.800/67. L’offerta musicale, è utile ricordarlo anche al mondo politico, non si esaurisce con l’attività realizzata dalle grandi fondazioni liriche ma si articola in una rete di iniziative diffuse su tutto il territorio nazionale compresi i piccoli centri. Da qui la scelta di promuovere una campagna finalizzata a ribadire con forza le funzioni delle associazioni concertistiche, delle orchestre, dei festival, degli enti di promozione, dei corsi, concorsi, istituzioni per la diffusione della musica contemporanea e della ricerca. Ovvero un settore ricco di specificità, che trova la sua forza, è bene sottolinearlo, proprio nella molteplicità e diversità delle iniziative che rappresenta.
Avvertiamo di trovarci ad un bivio pericoloso, e per questo motivo viviamo nel panico. Ci chiediamo, senza peraltro trovare risposte adeguate, i motivi per i quali, per citare solo un esempio, l’autorevole consulente economico di Palazzo Chigi, il prof. Brunetta, ha dichiarato che il Fus andrebbe abolito e che il Governo è stato persino clemente a limitarsi a decapitare i fondi 2005 per lo spettacolo solo del 30%! Il Governo ha previsto, per il 2007 e 2008, di ridurre ulteriormente il FUS a 294.000.000,00 di euro, ovvero il 21,66% in meno rispetto al 2005! A questo quadro di tagli bisogna aggiungere la decurtazione del 40% dei fondi Lotto destinati al Ministero per i Beni e le Attività Culturali, che nel 2005 è intervenuto extra FUS a sostegno di alcune istituzioni musicali, il mancato aumento del 2% destinato all’ARCUS rimasto quindi al 3%, la riduzione dei trasferimenti di risorse dallo Stato alle Regioni e agli Enti Locali. Giova ricordare che l’andamento del FUS è sostanzialmente diverso se si fa riferimento al suo potere d’acquisto. Lo scostamento tra la dinamica del Fondo a euro/lire correnti e a euro costanti nel 2003 è giunto ad una forbici pari a circa il 51%.
Non crediamo ai nostri occhi e alle nostre orecchie e ci chiediamo cosa abbiamo fatto per meritare questo trattamento. tuttavia avvertiamo, nel contempo, una acuta necessità di ricevere manifestazioni di affetto persino da parte di chi ci ha negato la sua solidarietà condannando alla chiusura le nostre istituzioni. Sintomi questi largamente sufficienti per diagnosticare una grave sindrome di Stoccolma! Alcune nostre istituzioni, persino quelle che hanno superato la prima e la seconda guerra mondiale, temono di non potere più continuare a svolgere fin dal prossimo giugno la loro funzione culturale e artistica e di divulgazione intesa come servizio pubblico.
L’art. 1 della legge n.800/67, tuttora vigente, recita “Lo Stato considera l’attività lirica e concertistica di rilevante interesse generale, in quanto intesa a favorire la formazione musicale, culturale e sociale della collettività nazionale. Per la tutela e lo sviluppo di tale attività lo Stato interviene con idonee provvidenze” . L’art. 9 della Costituzione: “La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica”.
Purtroppo dobbiamo oggi confidare ai presenti che ci riesce difficile individuare nell’azione del Governo la minima volontà di rispettare sia il dettato della Costituzione, che l’art.1 della legge n.800 e di riconoscere la nostra attività come un essenziale servizio pubblico, quale certamente è.
Ci sembra che la logica di mercato prevalga ormai su tutto: la validità di ogni iniziativa viene giudicata, nel nostro Paese, in base l’auditel e le decisioni politiche vengono assunte con gli occhi fissi sui sondaggi. La critica musicale è scomparsa dalle pagine dei quotidiani in quanto si ritiene che non serva a far crescere i lettori.
Scelte diverse sono state fatte in Francia dove il Governo, nonostante si trovi ad affrontare analogamente al nostro una fase economicamente difficile, ha incrementato e non diminuito i fondi per la cultura.
L’attuale crisi delle attività musicali ha diverse chiavi di lettura, ne vogliano indicare due, la gravissima mancanza di finanziamenti adeguati, e lo scarso impegno dei Governi che in questi anni non sono riusciti a varare una modifica organica della legge n.800, che risale alla fine del 1967, legge che pur rivelatasi, considerati i tempi in cui è stata concepita, un ottimo strumento di promozione musicale, è ormai superata.
Resta, in ogni caso, come merito storico della legge n.800, quello di avere favorito la creazione di una fitta rete di centinaia d’istituzioni musicali attraverso le quali lo Stato ha portato un segno della sua attenzione, anche in innumerevoli piccoli centri.
Questa rete, che andrebbe a nostro parere tutelata con la stessa cura con la quale il Governo dovrebbe avvertire il dovere di preservare, ad esempio, i mosaici bizantini di Ravenna, è stata al contrario condannata all’estinzione. Le società di concerti, corsi, concorsi, festival ecc. che in questi ultimi due anni hanno cessato di esistere, ammontano a molte decine di unità. E questo comporta una diminuzione del pubblico che è uno dei maggiori titoli che possono essere vantati dalle orchestre, dalle società dei concerti e dai festival.
Questo documento dedicato esclusivamente alle istituzioni del titolo III della legge 800, con l’esclusione delle fondazioni liriche e sinfoniche, vuole rivendicare il ruolo e le funzioni culturali di questo settore.
Desideriamo solo accennare, considerato che non è questa la sede per affrontare la dicotomia che comunque esiste, relativa alla sproporzione tra le risorse pubbliche destinate alla formazione, ossia ai 55 Conservatori Statali di Musica e ai 22 Istituti Musicali Pareggiati, e le risorse che vengono destinate alla produzione musicale nelle sue diverse forme.
Tema, questo, sul quale andrebbe fatta un’attenta riflessione perché se vengono così drasticamente contratte le risorse per la produzione c’è da domandarsi perché continuare a destinare tanti stanziamenti alla formazione tenuto conto che solo nel 2004 i diplomati dai conservatori sono stati 3.036 e 374 degli istituti musicali pareggiati , ai quali andrebbero aggiunti quelli degli anni precedenti. Considerata l’attuale crisi i giovani difficilmente troveranno sbocchi di lavoro in strutture musicali, siano esse orchestre, complessi, società dei concerti, festival e quant’altro.
E come non citare i tanti DAMS, i tanti corsi universitari con lauree più o meno brevi? Ma dove potranno lavorare i tanti giovani musicologi, ricercatori, organizzatori e così via se si dimezzano i fondi per le attività musicali?
Le conseguenze derivanti dalla decisione del Governo di decapitare l’organizzazione musicale saranno avvertite sul piano economico non solo in riferimento alle perdite che verranno registrate dall’indotto (musicisti, musicologi, liutai, accordatori, tecnici, tipografi, settori alberghieri e dei trasporti, SIAE, ENPALS ecc.) ma soprattutto farà venir meno quel servizio culturale apprezzato dagli stranieri che visitano il nostro Paese. Ad esempio i festival, costituiscono uno dei motori più importanti del turismo culturale. Recenti ricerche dimostrano che l’impatto economico dei festival è sempre più rilevante. Un’analisi condotta nel Regno Unito ha dimostrato, in proposito, che 100 festival grazie ai propri progetti culturali hanno “prodotto” in un anno ricavi per 58 milioni di sterline.
La Carta Musicale d’Italia, che troverete nelle cartelle, dimostra in modo chiaro come si sia consolidata negli anni una capillarità di iniziative musicali che costituiscono nel loro insieme un importante servizio vicino ai cittadini anche dei piccoli centri e di conseguenza costituiscono un vastissimo patrimonio culturale della collettività.
In questo quadro, la modifica del Titolo V della costituzione, varata dalla precedente maggioranza, che prevede tra le materie concorrenziali tra Stato e Regioni anche lo spettacolo, non ha contribuito certo a conferire all’organizzazione musicale quella fiducia sul suo avvenire che è condizione tassativa per il successo di qualsiasi attività s’intraprenda.
L’incertezza circa la divisione dei ruoli Stato/Regioni non contribuisce, infatti, a trovare un equilibrio capace di favorire lo svolgimento di un lavoro particolare e complesso, come quello che l’organizzazione di manifestazioni musicali esige, che comporta, anche, la necessità di assumere impegni contrattuali con gli interpreti, a volte con anni di anticipo e al tempo stesso di recepire le novità dell’attualità del mondo dell’arte.
I motivi di questa sfiducia non vanno ricercati in una particolare affezione nei confronti del Ministero o in un’irresistibile vocazione centralista degli operatori musicali, quanto nel disagio comportato dall’inadeguatezza e mancanza di linee culturali di cui molte regioni, comprese quelle del nord, hanno dato ripetuta testimonianza e soprattutto per la maggiore discrezionalità con la quale spesso gli assessorati competenti assegnano le risorse economiche. Investire fondi pubblici per finanziare eventi non radicati nel territorio, o manifestazioni d’elevato livello musicale ma molto impegnative sul piano finanziario, costituisce una tentazione alle quali molte Regioni dimostrano di non sapere resistere anche quando questo significa mostrare la propria indifferenza nei confronti delle reali necessità culturali della popolazione di loro competenza.
Le ragioni della nostra insoddisfazione vanno anche ricercate nelle funzioni del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, che si sono rivelate inadeguate ad indirizzare e potenziare il settore e tanto meno a concepire la propria azione come l’articolazione di un progetto culturale finalizzato a conseguire gli obiettivi esposti dalla legge 800 e seguenti e ad individuare, di conseguenza, una strategia innovativa.
Non esiste, a nostro parere, altra ragione che possa giustificare il finanziamento pubblico delle istituzioni musicali se non quella di operare come servizio per “favorire la formazione musicale, culturale e sociale della collettività nazionale”. Chi tale impegno non assolve non dovrebbe essere finanziato con fondi pubblici.
Noi non sappiamo se il Centro sinistra, quando si è trovato a gestire il Ministero, avesse un progetto culturale di respiro strategico, se così fosse dobbiamo dire oggi, che è riuscito a tenerlo nascosto come uno dei segreti di Stato meglio tutelati, salvo che non si voglia considerare per strategia culturale quella di sostenere la tesi, peraltro sotto alcuni aspetti condivisibile, che “la musica si divide solo in musica bella e musica brutta”.
E’ evidente che la decisione del Governo di ridurre il FUS del 30% se avrà avuto il torto di scontentare il prof. Brunetta per la sua mitezza – e questo francamente non ci addolora – non mancherà di determinare un pauroso incremento della disoccupazione dei musicisti e di chi lavora nelle istituzioni. E questo ci addolora e come!
A che servono, ci chiediamo, allora, i Conservatori? A cosa porta l’impegno didattico delle grandi Accademie? A cosa vale studiare per dieci anni, sei ore al giorno per perfezionarsi, quando i modesti sbocchi di occupazione vengono decapitati? Perché scegliere il Dams? Non solo: gran parte di quello che si è costruito in campo musicale in questi ultimi quaranta anni, con particolare riferimento alle istituzioni musicali attive nei piccoli centri e a quelle che si dedicano alla musica contemporanea e alla ricerca, si è già dissolto come neve presa di mira da un matto con un lanciafiamme in mano.
Ed è difficile per noi, anche se ci occupiamo prevalentemente d’attività musicali e di danza e non di lirica, evitare di lasciarci prendere da una crisi di sconforto quando apprendiamo che alcune importanti personalità politiche affermano che i teatri lirici sono troppi e che dovrebbero, pertanto, essere ridotti di numero e concentrati solo in alcuni grandi centri.
Ci chiediamo come reagiremmo se un Governo si proponesse, ad esempio, di ridurre il numero dei musei, per favorirne il concentramento in alcune metropoli, trascurando di valutare quale perdita, anche di carattere economico, una decisione come questa, comporterebbe. Ed è evidente che il riordino del sistema musicale non possa prescindere da un riordino delle Fondazione Liriche da far precedere da una analisi sugli errori compiuti, a suo tempo in proposito, dal Governo di centro sinistra.
E vorremmo conoscere il pensiero dei nostri autorevoli ospiti circa il numero delle grandi orchestre sinfoniche in Italia, che è nettamente inferiore a quelle attive in nazioni molto più piccole delle nostre come la Finlandia, La Svezia, La Danimarca, L’Olanda, la Norvegia, il Belgio ecc. ma anche in un paese come il nostro o più grande.
In Finlandia, paese di 5.000.000 abitanti il pubblico che ha frequentato lo scorso anno i festival è ammontato a 2.000.000 spettatori !
In questo quadro è ovvio che la prima richiesta che sottoporremo al nuovo Governo, con l’auspicio che ci presti ascolto, è il ripristino del FUS allo stesso livello 2001.
Vedremmo, inoltre con estremo favore il varo di una legge che, in analogia al testo del decreto legge n.35 / 14 marzo 2005, preveda che le liberalità e le quote sociali siano deducibili dal reddito complessivo del soggetto erogatore entro il limite del dieci per cento del reddito complessivo dichiarato e comunque nella misura massima di 70.000 euro all’anno.
Il ripristino del FUS e una legge che favorisca la partecipazione ai costi delle attività musicali dei singoli cittadini, deve, però, essere preceduta dalla predisposizione di una precisa strategia di sviluppo delle attività della musica che tenga conto dell’obiettivo fondamentale che tutti gli interventi dello Stato in materia devono:”favorire la formazione musicale, culturale e sociale della collettività nazionale” secondo quanto previsto dall’art.9 della Costituzione e dalla legge n.800.
Va detto senza complimenti ed esitazioni che incrementare i fondi per la musica senza avere una strategia di come utilizzarli può costituire una cura peggiore del male.
L’esperienza c’insegna che i fondi, quando sono stati in passato incrementati, sono serviti solo in misura ridotta a rinnovare la rete delle iniziative musicali, o a favorire l’innovazione o potenziare le istituzioni più produttive sul piano dei servizi culturali né, tanto meno, a riequilibrare difformità di trattamento e di incentivi allo sviluppo tra le varie regioni del nostro paese ma utilizzati in modo del tutto discrezionale trasformando la consueta distribuzione a pioggia in una tempesta.
Ed è anche per questo che la nostra seconda richiesta, che consideriamo non meno importante della prima, consiste nell’individuazione e attivazione di un sistema attraverso il quale i contributi dello Stato alle attività musicali vengano erogati in base ad una analisi rigorosa dei programmi e dei dati e delle informazioni indicative dei risultati ottenuti.
Chi ha un minimo di conoscenza della materia e di buon senso, può facilmente fare l’elenco dei dati significativi da raccogliere per fornire informazioni sui risultati conseguiti dai soggetti che richiedono il sostegno dello Stato.
E’ ormai noto che i sistemi informatici, sono oggi in grado di raggruppare questi dati in tabelle atte a fornire una visione d’insieme, indispensabile per ogni approfondimento in materia.
Sia chiaro che siamo in ogni caso disposti anche a partecipare in massa ad uno sciopero bulimico a Parma, città simbolo della buona tavola ma anche del livello di discrezionalità indiscreta con la quale l’attuale Governo finanzia le attività musicali. Questo pur di evitare che i fondi prelevati dal patrimonio dei contribuenti vengano distribuiti in base ad una analisi che individui i risultati che, in termini sociali e culturali, si intendono conseguire, e non su segnalazioni arbitrarie.
Auspichiamo, inoltre, che i dati raccolti per garantire una utilizzazione sociale dei fondi a disposizione, siano portati, subito dopo l’assegnazione dei contributi, a conoscenza dell’opinione pubblica attraverso internet. Da parte nostra noi c’impegniamo di chiedere ai nostri colleghi di pubblicare i bilanci delle nostre istituzioni sui loro siti internet.
Queste e non certamente la creazione di audaci elenchi di vago sapore bolscevico e che stranamente contraddicono la vocazione liberista seguita con irremovibile fiducia dall’attuale maggioranza sono le iniziative che possono garantire trasparenza ed efficacia degli investimenti pubblici in materia musicale.
Gli elenchi, all’interno dei quali i musicisti vengono sistemati per fama e per peso, l’uno accanto all’altro, in quattro caselle, come prosciutti di diversa stagionatura o gli spericolati programmi informatici grazie ai quali il Dipartimento pretende di giungere alla definizione dei contributi attraverso i computer, non appartengono, a nostro parere alla civiltà occidentale, nata dal pensiero di Socrate, ma sono sintomi di una confusione ideologica con la quale dobbiamo ogni giorno confrontarci e che siamo pronti, da oggi in poi, a contestare giorno dopo giorno.
Ed è indispensabile che le garanzie di trasparenza che noi chiediamo vengano fornite anche in rapporto ai fondi extraFUS, quali il Lotto e il cinque (prima era l’otto) per mille e innanzitutto quelli messi a disposizione di ARCUS spa i cui interventi in materia musicale sono stati spesso caratterizzati da una desolante mancanza di criteri e di approfondimenti di merito.
L’esempio più illuminante di come Arcus ha utilizzato, nel più profondo segreto, i propri fondi è costituito dalla decisione di concedere al Comune di Parma 3.200.000,00 di euro per il coordinamento delle attività musicali che si svolgeranno il prossimo triennio nell’ambito del territorio di sua competenza, nonché altri 3.000.000,00 di euro all’Orchestra Filarmonica Toscanini, che è un complesso che si riunisce occasionalmente.
Fatto che rende questa decisione ancora più grave è che essa ha coinciso con il rifiuto di finanziare l’Orchestra Verdi di Milano, che è una istituzione musicale stabile che conta più di 200.000 spettatori all’anno e che è formata da cento giovani musicisti che rischiano di restare disoccupati!
Per la cronaca nera: oggi, gli investimenti finanziari a favore di Parma provenienti da fondi pubblici, esclusi quelli a sostegno del Teatro, ammontano ormai quasi al doppio di quelli concessi a Milano, fatti ovviamente, salvi i contributi assegnati alla Scala! Esempio questo, di sublime equilibrio e di buon senso!
Questo è l’elenco delle richieste che noi sottoponiamo all’attenzione dei presenti e che porteremo a conoscenza del prossimo Governo.
Questo elenco, resterebbe tuttavia incompleto se il Governo non dovesse provvedere ad affidare la guida del Ministero per i Beni e le Attività Culturali a personalità scelte per le loro competenze specifiche o quanto meno tra quelle consapevoli che scegliere ed avvalersi di collaboratori specializzati nelle varie discipline musicali e non di un proprio amico o di un militante nel proprio partito, non è solo loro interesse ma un dovere.
La musica in generale e quella classica in particolare, sino alle più recenti espressioni creative, esige professionalità specifiche, capacità operative, etica professionale, lungimiranza culturale.
Riteniamo, pertanto, di dover chiedere al nuovo Governo di evitare di affidare incarichi attinenti il settore dell’organizzazione musicale ad illustri farmacisti, sapienti economisti, facondi avvocati ecc. Ormai il mondo della musica è frequentato da troppi dilettanti allo sbaraglio perché se ne possa desiderare un numero maggiore.
Si tratta di un settore che merita attenzione e rispetto considerato che coinvolge centinaia di migliaia di persone che diventano milioni se s’include il pubblico.
Per questa ragione si condividono le preoccupazioni espresse nel documento delle Associazioni Nazionali dei Critici Musicali e di Teatro e si chiede che giornali e altri media restituiscano ed incrementino la presenza dell’informazione culturale qualificata che è notizia e memoria storica, sostegno delle programmazioni moderne e di ricerca, ragguaglio significativo sull’attività delle realtà locali, conoscenza e coscienza critica della qualità degli spettacoli d’arte, vigilanza sulla conformità e correttezza delle politiche culturali nazionali e delle relative ripartizioni finanziarie.
La Musica è un’arte, anche dalle riconosciute potenzialità terapeutiche, che è in grado, come nessuna altra disciplina, di favorire la formazione dell’individuo come cittadino. Il nostro Paese ha il merito di avere inventato tutto in materia musicale, i teatri d’opera, la scrittura, gli strumenti, la scenografia, il linguaggio ecc. ma non certo quello di avere adeguato lo sviluppo della musica alle esigenze di una nuova società.
In questo siamo indietro a moltissime nazioni e anche al Venezuela il cui impegno a favore della musica, intesa come disciplina artistica di forte contenuto sociale, è sostenuto dal Ministero degli Affari Sociali attraverso la creazione di centinaia di orchestre di bambini e giovanili.
Attraverso questo programma sono stati assistiti e forse salvati, in venti anni, 1.500.000 di giovani.
Per questo auspichiamo con forza che il Governo che verrà si ponga come obiettivo quello di sostenere le attività musicali attraverso l’articolazione di una strategia di alto livello e di equilibrare la presenza di iniziative su tutto il territorio nazionale evitando, ad esempio, concentrazioni di orchestre in singole regioni e favorendone la creazione dove mancano.
Questi interventi devono essere realizzati assicurando una verifica della fattibilità del progetto, un controllo rigoroso della struttura artistica, organizzativa ed amministrativa, dei concorsi di assunzione dei musicisti pretendendo la più scrupolosa trasparenza delle relative procedure.
Ai fini di una ragionata ed equilibrata distribuzione delle risorse dovrebbero essere tenute presenti anomalie come quella che si registra ad esempio a Napoli, città nei confronti della quale la musica e lo spettacolo debbono molto della loro storia, ma dove manca, dalla soppressione della Scarlatti decisa dalla RAI, una orchestra che sia degna di tale nome.
Il nuovo Governo dovrebbe altresì introdurre nelle scuole metodi didattici d’avanguardia per favorire la formazione di un nuovo pubblico musicale e rendere possibile la nascita di orchestre e cori di bambini e giovanili, che senza avere l’aspirazione di divenire complessi professionali finalizzino la loro azione alla formazione di musicisti dilettanti e di cittadini coscienti che il futuro dell’umanità è condizionato dalla disponibilità di tutti a vivere in armonia e d’accordo con gli altri. Come è noto “armonia” e “accordo” sono, non a caso, termini musicali.
Abbiamo concluso: rinnoviamo i nostri più cordiali ringraziamenti ai presenti e ci scusiamo per alcuni coloriti appunti critici ma riteniamo necessario e democratico esprimere in maniera civile il nostro pensiero tanto più se si considera che è stata messa in discussione la sopravvivenza stessa del sistema musica e di tutti coloro che lavorano per esse.
Non nascondiamo d’essere ora fortemente interessati a conoscere, in proposito di quanto abbiamo esposto, il pensiero delle personalità politiche che hanno gentilmente aderito al nostro invito e del Ministro Rocco Buttiglione che ringraziamo per la Sua presenza.
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